Uno sport integrato.
Spesso, chi non conosce il golf, lo ritiene uno sport elitario, destinato a particolare categorie socio-economiche, distante dalle donne, dai bambini, e…dai disabili. Niente di più errato ed infondato, ma nel 2018 è ancora necessario combattere contro i pregiudizi che dipingono erroneamente la pratica golfistica che, disciplina in realtà altamente inclusiva e trasversale, cui la maggioranza delle persone si può accostare senza troppi problemi o vincoli dati da età, situazione economica, gender.
Volendo analizzare più da vicino il rapporto che sussiste tra golf e persone diversamente abili, è importante sottolineare come nel golf i giocatori con disabilità possono confrontarsi insieme a quelli normodotati in condizioni di assoluta parità; infatti la pratica golfistica risulta – insieme alla vela – l’unico sport concretamente “integrato”, in cui golfisti in carrozzina, ipovedenti, o con disabilità intellettive possono gareggiare non solo fra di loro, ma con golfisti normodotati, dando vita a competizioni avvincenti e piene di colpi di scena.
I numeri relativi ai giocatori disabili ed agli spettatori di simili realtà competitive stanno spingendo verso una positiva probabilità: pare infatti che questa disciplina sarà ammessa ai Giochi Paraolimpici del 2020, dimostrandone il successo e l’appagamento che è in grado di fornire a giocatori e spettatori.
L’importanza dell’evoluzione delle attrezzature.
Per rendere possibile la competizione tra disabili e normodotati, sono sufficienti alcuni importanti accorgimenti relativi al tipo di attrezzature fornite durante il gioco.
Il golf è uno sport che, nel suo sviluppo, è sempre stato strettamente interconnesso alla evoluzione delle attrezzature (bastoni, palline, abbigliamento…) atte a praticarlo, e tale legame è altresì evidente nella possibilità che vi si accostino anche le persone con disabilità.
Quella golfistica è l’unica attività con palla dove il terreno di gioco, a differenza di quanto accade ad esempio nel tennis, nel calcio o nel basket, non risulta standardizzato: ogni green presenta caratteristiche differenti e ciò potrebbe costituire un problema per i giocatori con difficoltà (o impossibilità) di deambulazione. Tale ostacolo è stato però brillantemente aggirato dalla ricerca che ha messo a punto la Paragolfer, una speciale carrozzina progettata specificatamente seguendo le direttive della ADA (la Americans with disabilities act del 1990, cioè la Legge sugli Americani con disabilità), norme accettate in tutti i più celebri campi da gioco internazionali. Questa speciale e avveniristica “macchina” (dotata altresì di un ombrello in grado di schermare il sole e di particolari ruote atte a preservare il manto erboso) costituisce un sostegno indispensabile per il giocatore che non può muovere le gambe in quanto riesce a sollevarlo e porlo esattamente in corrispondenza della pallina, che può essere quindi colpita con facilità e precisione paragonabili a quelle messe in campo da un qualsiasi altro golfista.
Per i giocatori non vedenti sono invece presenti altre tecnologie che permettono loro di confrontarsi alla pari in qualunque tipo di sfida: è previsto che vengano accompagnati da un coach che li aiuta ad allinearsi prima del colpo e, in caso di tiro dal bunker (la buca di sabbia presente soventemente sul percorso), hanno la possibilità, preclusa ai “colleghi” senza disabilità, di appoggiare il bastone per poi colpire la pallina.
Per coloro i quali hanno ad esempio difficoltà nell’uso delle braccia, come ad esempio i giocatori affetti da focomelia, sono previsti speciali bastoni realizzati su misura ed agganciati sì da rendere agevole il colpo.
I nomi.
Per quanto concerne i giocatori, famosissimo risulta l’inglese Richard Saunders il quale, nonostante una seria forma di focomelia congenita, è un giocatore agguerrito ed assai valido, con ottimi risultati alle spalle, resi possibili anche grazie agli speciali ferri di cui si serve per mandare la pallina in buca.
Per quanto concerne i non vedenti, doveroso citare l’italiano Andrea Calcaterra che, affetto da una progressiva diminuzione della vista fino alla totale cecità del 1998, ha continuato a coltivare la passione per il golf, portando a casa tante vittorie e soddisfazioni (per fare solo un esempio, un ottimo secondo posto nel 2014 non occasione della World Blind Golf Championship disputata in Australia).
Menzione speciale a Pierfederico Rocchetti, primo golfista con disabilità in Italia e secondo in tutta Europa a ricevere un invito a partecipare ad una competizione per professionisti senza disabilità; proveniente da una famiglia di golfisti, nonostante una emiparesi ad una mano, Rocchetti ha partecipato a ben 11 Open internazionali, attestandosi per quattro volte al vertice della classifica europea e quarto in quella mondiale.
Altri nomi celebri – tutti ipovedenti o non vedenti – sono il ligure Mirko Ghiggeri e Stefano Palmieri mentre, per quanto concerne le ladies, impossibile tralasciare Chiara Pozzi Giocosa, la quale – persa la vista in seguito a un intervento di chirurgia estetica – ha alle spalle tantissimi successi: campionessa del mondo dei non vedenti in Inghilterra nel 2010, nuovamente campionessa in Canada nel 2012, prima delle Ladies nel British Blind Open nel 2014. Altro nome appartenente alle quote rosa è quello di Camilla Bernini che, con la sua protesi del braccio sinistro in grado di scomporre il movimento di gomito, polso e dita, tira assai meglio di tante colleghe normodotate e che dal 2012 è allenatrice di una squadra femminile di golf negli USA.
Per quanto concerne i più piccoli, menzione d’onore spetta a Tommy Morrisey: nato senza il braccio destro, il giovanissimo campione ha fatto tanto parlare di sé, dei suoi potenti drive e della sua tecnica ammirevole. Conosciuto come “The one arm golfer” il seienne ha recentemente vinto in occasione delle qualifiche locali del Drive Chip & Putt Championship, la cui finale è prevista per il prossimo aprile sul green di Augusta. Il baby campione usa la sua notorietà per raccogliere fondi per le famiglie bisognose e – nonostante la tenera età – è un esempio di tenacia e forza di volontà.
Il futuro.
La Federgolf da qualche anno ha accolto al proprio interno le federazioni che si occupano di promuovere il golf praticato dalle persone con disabilità, dimostrando una positiva apertura che ha portato ad aumento di golfisti desiderosi di giocare e superare le proprie difficoltà, con passione, grinta e risultati del tutto paragonabili a quelli dei loro colleghi normodotati.
Ci auguriamo che gli stimoli e le occasioni di gioco siano sempre maggiori, sì da permettere a sempre più persone di godere degli enormi benefici che il golf sa loro donare: infatti, oltre alla indubbia valenza sul piano fisico, è orma dimostrato che la disciplina golfistica ha un vantaggio anche sul piano psicologico in quanto capace di rendere consapevoli delle proprie potenzialità, della capacità di superare gli ostacoli costituiti dalla disabilità, di incrementare la socializzazione con gli altri in meravigliosi contesti naturali quali quelli costituiti dal green.
Tutto questo porta all’augurio di poter incontrare sempre più spesso sui campi da gioco disabili…abilissimi in una disciplina appassionante ed inclusiva come è il golf.